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Chiesa di san vincenzo in prato

Spoglia e poco appariscente all’esterno, la Basilica di S. Vincenzo in Prato svela all’interno un severo, regolare impianto architettonico paleocristiano. E’ tra le chiese di più antica fondazione a Milano, costruita nella forma attuale tra il IX e l’XI secolo, sui resti di un oratorio cimiteriale di origini romane; una serie di reperti della necropoli si trova murata sul fianco settentrionale della chiesa.

La pianta è a schema basilicale; a tre navate con copertura a capriate, che si riflettono sulla partizione esterna della fronte a pioventi. Questa è caratterizzata da tre portali sovrastanti da lunette cieche, da due grandi finestre nella parte superiore e da un coronamento del timpano riprodotto nell’ottocento dal motivo autentico che si trova sul retro.

L’abside maggiore ed il timpano sovrastante sono originali e costituiscono l’elemento stilisticamente più significativo dell’esterno, ornati da motivi romanici a fornaci ed archetti in cotto; le absidiole minori sono ricostruzioni ottocentesche.

All’interno le navate sono spartite da colonnati che sostengono, su una serie eterogenea di notevoli capitelli di recupero romani ed altomedievali, nove archi a tutto sesto. Nella parete piena sono inserite due serie di vetrate moderne, che sciluppano i soggetti delle gerarchie angeliche – sulla destra – e della creazione del mondo – sulla sinistra.

Le finestre del coro portano tre vetrate ispirate alle parole di apertura del Vangelo di Giovanni. Nel catino absidale come nei medaglioni tra le arcate, decorazioni pittoriche della fine del secolo scorso. Sull’altar maggiore è collocato l’affresco della Crocifissione detto “Madonna del pianto”, del XV secolo, proveniente dalla chiesetta di S. Calocero e attribuito alla scuola degli Zavattari.

Nella navatella di destra, un altro frammento di affresco portato da S. Calocero, la “Madonna dell’aiuto”; all’inizio di quella di sinistra una colonna romana con capitello corinzio rivestita di mattoni, che sosteneva fino al 1885 la prima campata dell’arcata sinistra.

Al di sotto del presbiterio sopraelevato si trova la vasta cripta, coperta da voltine a crociera sorrette da colonnine dotate di bei capitelli: rappresenta uno dei migliori esempi in Lombarida di cripta “ad oratorio” di epoca romanica. L’altare contiene l’urna di pietra con le reliquie dei martiri portate a S. Vincenzo tra il IX e l’XI secolo; dietro di esso si trova tuttora un antico pozzo, le cui acque erano ritenute miracolose.

Legata ad un fiorente convenuto benedettino fin da prima del Mille, la chiesa conobbe nel medioevo alcuni secoli di splendore, per poi decadere con la crisi del monastero, soppresso nel 1520 e convertito in commenda.

Alla fine del settecento il complesso fu sconsacrato ed alienato per essere adibito ad usi profani: magazzino militare, stalla e caserma durante l’occupazione francese, venne poi venduto nel 1810 ad una ditta produttrice di sostanze chimiche che vi impiantò un laboratorio, danneggiando gravemente la struttura e distruggendo gli affreschi quattrocenteschi che ne decoravano l’interno.

Tra il 1880 ed il 1890 la basilica fu recuperata con un restauro stilistico che ne ricostruì alcune parti, edificò il nuovo campanile, la sacrestia e gli annessi, e decorò interamente la superficie interna della chiesa con un’ornamentazione a guazzo. Nel corso dei più recenti lavori di restauro la decorazione delle pareti è stata in gran parte eliminata, il pavimento sostituito, e si è compiuto un attento risanamento della cripta, riportandone in evidenza l’elegante struttura.

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